Che aspetto avrebbe il nostro pianeta se l’essere umano scomparisse all’improvviso? Quanto durerebbero le case in cui abbiamo vissuto, le strade su cui abbiamo guidato tutti i giorni per andare a lavoro? Cosa accadrebbe alle nostre storie, alle nostre leggende, agli oggetti che abbiamo accumulato per tutta la vita, cercando in essi un antidoto all’impermanenza?
Non c’è bisogno di immaginarlo: ci sono posti dove questo è già successo.
A un’ora e mezza da Milano, a due passi dal Lago Maggiore, c’è una valle da cui l’uomo si è ritirato completamente, disertando case, averi e ricordi. Qui, dopo oltre mezzo secolo di abbandono, le ferite inferte dalla civiltà si stanno rimarginando grazie al ritorno di ciò che era stato cacciato poiché “inutile e dannoso”: la natura selvaggia.
Dove c’erano baite, teleferiche e alpeggi, oggi rimangono solo ruderi fatiscenti, sommersi da un diluvio di “erbacce”: ortiche, rovi, sambuchi. Mentre le croci e le cappelle votive crollano sotto al peso dei rampicanti, animali araldici come il cervo e l’orso, il lupo e la vipera, tornano liberi dopo secoli di persecuzione e sfruttamento, protetti dall’impervietà assoluta di questi luoghi tornati selvaggi.
Questa è la Val Grande, parco nazionale dal 1992, la più estesa “area wilderness” di Italia. È un mondo capovolto in cui si respira un’aria nostalgica, di abbandono e isolamento, ma anche di libertà: la libertà di immaginare un rapporto diverso con la natura, segnato da una consapevolezza ecologica, estetica e morale che si nutre del silenzio di queste valli solitarie, del loro disordine apparente, della loro geografia tormentata.
Eppure, anche nei valloni più cupi e inaccessibili, basta scostare un masso o falciare un rovo per cominciare a leggere storie di fatiche inimmaginabili, di rivalità e amori impossibili, di dèi e riti scomparsi.
È un territorio, la Val Grande, in cui le vicende umane e naturali si intrecciano a formare un’inedita mitologia alpina, capace di tramandare i valori ecologici della wilderness ma anche il brivido avventuroso che la attraversa: un sentimento che Nino Chiovini, il più grande narratore di queste montagne, chiamò “mal di Val Grande”.
Samsara Woods è il nuovo pianeta della galassia Samsara Roads, un progetto nato per esplorare la montagna con gli occhi della Storia e del mito, della scienza e della tecnica, attraverso gesti, saperi e sensazioni dimenticate, per ricucire il filo strappato che ci lega al nostro passato… a ciò che significa essere umani e di questa Terra.
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